Regime speciale per lavoratori impatriati e regime neo-­residenti: i chiarimenti del Fisco

Un cittadino italiano, residente negli Stati Uniti per oltre 10 anni e rientrato in Italia, che ha usufruito del regime per neo­residenti e che ha poi revocato l’opzione per il predetto regime per fruire del regime speciale per lavoratori impatriati, ha chiesto chiarimenti all’Agenzia delle entrate in merito alla possibilità di beneficiare del regime speciale per lavoratori impatriati per un ulteriore quinquennio, a partire dal periodo di imposta 2024 (Agenzia delle entrate, risposta 22 luglio 2024, n. 159).

L’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/2015 (cd. decreto Internazionalizzazione) ha introdotto il ”regime speciale per lavoratori impatriati”, fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

In particolare, il comma 2­-bis dell’articolo 5 del decreto Crescita, in vigore dal 1°  gennaio 2021, ha previsto la possibilità di estendere il periodo di fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati, anche a coloro che siano stati iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o che siano cittadini di Stati membri dell’UE, che hanno già trasferito la residenza prima dell’anno 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto Internazionalizzazione.

Tale disposizione ha consentito alle persone fisiche che abbiano trasferito la residenza in Italia per svolgervi attività di lavoro e che abbiano beneficiato del regime  impatriati, di poter optare per l’estensione del regime, previo versamento di un importo pari:

  • al 10% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se al momento di esercizio della stessa il lavoratore soddisfa, alternativamente, specifici requisiti;

  • al 5% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se in tale momento il lavoratore ha almeno tre figli minorenni e diventa proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione.

In entrambi i casi, l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

L’opzione deve essere esercitata mediante il versamento degli importi dovuti in unica soluzione tramite modello F24, senza la possibilità di avvalersi della compensazione, utilizzando i codici tributo ”1860”­ e ”1861”.

 

L’articolo 1, comma 154, della Legge n. 232/2016 ha stabilito che il regime speciale per lavoratori impatriati non è cumulabile con gli effetti dell’opzione di cui all’articolo 24­bis del TUIR, secondo il quale le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia possono optare per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva dei redditi prodotti all’estero individuati secondo, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia per un tempo almeno pari a nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione.

Il comma 4 del medesimo articolo 24­bis stabilisce che l’opzione può essere revocata e, in tal caso, non può essere esercitata nuovamente.

 

L’Agenzia delle entrate ha già avuto modo di chiarire che i regimi agevolativi rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, sono esclusivi e fra loro non cumulabili in capo allo stesso soggetto, ma relativamente al medesimo periodo d’imposta, il divieto di cumulo non esclude l’ipotesi di un utilizzo alternativo dei regimi agevolativi in anni d’imposta differenti, nel rispetto, ovviamente, dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalle rispettive norme. In particolare, i contribuenti rientrati in Italia prima del 2020 possono prolungare l’applicazione del regime speciale per ulteriori periodi di imposta esercitando l’opzione, anche se, pur possedendo i requisiti per l’applicazione del regime speciale nel periodo d’imposta 2019, non ne hanno concretamente fruito avendo optato per il regime neo-­residenti.

 

Resta fermo che il contribuente deve soddisfare, nel primo anno successivo alla conclusione del primo periodo agevolato, i requisiti richiesti dal comma 2-­bis, dell’articolo 5 del decreto Crescita previsti per effettuare nei termini il dovuto versamento del 10% o del 5% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia oggetto dell’agevolazione, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione.

 

Nel caso di specie, dunque, l’Agenzia ha chiarito che l’istante, che nel 2019 possedeva i requisiti per l’applicazione del regime speciale per lavoratori impatriati e che ha acquistato un immobile di tipo residenziale a novembre 2022, potrà applicare il regime speciale per un ulteriore quinquennio, anche se nel periodo d’imposta 2019 ha fruito del regime neo-residenti.

MEF: approvata la metodologia relativa al concordato preventivo biennale per i forfettari

Il Decreto del 15 luglio 2024 del Ministero dell’economia e delle finanze, recante l’approvazione della metodologia relativa al concordato preventivo biennale destinata ai contribuenti che aderiscono al regime forfettario, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 2024, n. 167.

Con il Decreto 15 luglio 2024 MEF è stata approvata la metodologia in base alla quale l’Agenzia delle entrate formula ai contribuenti di minori dimensioni, che svolgono attività nel territorio dello Stato e che sono titolari di reddito di impresa ovvero di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, una proposta di concordato.

 

La proposta viene elaborata sulla base della metodologia approvata, utilizzando i dati indicati dal contribuente nella dichiarazione dei redditi e le informazioni desunte dalle banche dati relative agli ISA, anche relative ad annualità pregresse. Inoltre, ai fini delle rivalutazioni prospettiche della proposta di concordato, vengono utilizzate le proiezioni macroeconomiche di crescita del PIL elaborate dalla Banca d’Italia.

 

Ai fini dell’elaborazione della proposta per i contribuenti che, nel periodo d’imposta 2023, hanno determinato il reddito in base al regime forfetario, gli stessi contribuenti devono comunicare, in sede di dichiarazione dei redditi, i dati necessari per l’elaborazione della proposta.

 

Sulla base della metodologia approvata dal decreto MEF del 15 luglio 2024, ai fini della proposta di concordato, viene individuato il reddito d’impresa, ovvero di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, il quale rileva ai fini della proposta di concordato per il periodo d’imposta 2024.

 

Come stabilito dall’articolo 4 del decreto MEF, l’Agenzia delle entrate tiene conto di possibili eventi straordinari comunicati dal contribuente per determinare in modo puntuale la proposta di concordato. Tali eventi sono riconducibili alle situazioni eccezionali di cui alle lettere a), b), e) ed f) dell’articolo 4 del decreto MEF 14 giugno 2024, verificatesi nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 e, in ogni caso, in data antecedente all’adesione al concordato.

Chiarimenti dell’Agenzia delle entrate sul contributo di solidarietà temporaneo per il 2023

L’Agenzia delle entrate interviene in risposta a un interpello sulla corretta interpretazione e applicazione dell’articolo 1, commi da 115 a 119, della Legge di bilancio 2023, che disciplina il contributo di solidarietà temporaneo per il 2023 per i soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva rivendita, attività di produzione di energia elettrica o gas metano, di estrazione di gas naturale, di rivendita di energia elettrica, gas metano e gas naturale, di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi, nonché di importazione degli anzidetti beni o di introduzione in Italia, sempre dei medesimi beni, provenienti da altri Stati dell’UE per la loro successiva rivendita (Agenzia delle entrate, risposta 18 luglio 2024, n. 158).

L’articolo 1, commi dal 115 al 119, della Legge di bilancio 2023 ha introdotto per l’anno 2023  un un contributo di solidarietà temporaneo, con il fine di contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori.

Tale contributo è posto dall’articolo 1, comma 115, a carico dei soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni, l’attività di produzione di energia elettrica, dei soggetti che esercitano l’attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale, dei soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei soggetti che esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi.

Il contributo è dovuto, altresì, dai soggetti che, per la successiva rivendita, importano a titolo definitivo energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’UE. Non è dovuto, invece, dai soggetti che svolgono l’attività di organizzazione e gestione di piattaforme per lo scambio dell’energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché dalle piccole imprese e dalle microimprese che esercitano l’attività di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione identificata dal codice ATECO 47.30.00.

Il contributo è dovuto se almeno il 75% dei ricavi del periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attività indicate nei periodi precedenti.

 

Il successivo comma 116 prevede che il contributo di solidarietà sia determinato applicando un’aliquota pari al 50% sull’ammontare della quota del reddito complessivo determinato ai fini dell’imposta sul reddito delle società relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10% la media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell’imposta sul reddito delle società conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022; nel caso in cui la media dei redditi complessivi sia negativa si assume un valore pari a zero.

L’ammontare del contributo straordinario, in ogni caso, non può essere superiore a una quota pari al 25% del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.

 

L’articolo 5 del D.L. n. 34/2023 (poi abrogato dall’articolo 22, comma 1, del D.L. n. 61/2023) aveva previsto che, ai soli fini della determinazione del contributo di solidarietà temporaneo, per il 2023, non concorressero alla determinazione del reddito complessivo relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 gli utilizzi di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d’imposta o vincolate a copertura delle eccedenze dedotte. Con tale articolo, dunque, erano stati esclusi (parzialmente) dalla determinazione del contributo di solidarietà gli utilizzi delle riserve in sospensione d’imposta nei termini indicati dal citato articolo 5, sia ai fini della determinazione del reddito del periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, sia dal calcolo della media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022, sino a concorrenza dell’esclusione operata nel periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023.

Successivamente, è stato ripristinato il contenuto del citato articolo 5, nuovamente senza alcun riferimento alla concorrenza (o meno) delle riserve in parola al predetto limite del 25%.

Al riguardo, l’Agenzia sottolinea la scelta del legislatore di escludere dalla determinazione del contributo esclusivamente gli utilizzi delle riserve in sospensione d’imposta, confermando a contrario che l’ammontare delle stesse concorre pienamente al patrimonio netto utile del contribuente ai fini dell’individuazione del predetto limite in quanto si tratta di riserve che astrattamente possono essere ”utilizzate”.

 

Alla luce di quanto sopra, nella fattispecie rappresentata dall’istante, l’Agenzia ritiene che ai fini del limite del 25% del contributo di solidarietà, la riserva da rivalutazione (affrancata) ex articolo 110 del D.L. n. 104/2020 debba ritenersi inclusa nel patrimonio netto ai sensi dell’articolo 2424 del codice civile, concorrendo di conseguenza la stessa alla determinazione del limite del 25%.